L'acqua è una fonte di nutrimento cellulare essenziale per l'organismo,
poiché composto in massima parte d'acqua, nonché un fondamentale
strumento di pulizia tossinica. Ne consegue che debbano essere
valutate specifiche caratteristiche biochimiche delle acque,
soprattutto quando il consumo giornaliero è nelle dosi suggerite nel
numero precedente; questo per evitare, ovviamente, che elementi
intrinseci a specifici tipi d'acqua non abbiano a loro volta un
effetto inquinante per l'organismo. Talvolta il corpo non riesce a
sfruttare i benefici dell'idratazione, non tanto a causa della
quantità, quanto della qualità dell'acqua. Un'acqua, ad esempio,
troppo carica di residui minerali inorganici non assimilabili, sarà un
agente di biotossicità, per l'apporto di sostanze non
metabolizzabili, che dovranno a loro volta essere espulse,
sovraccaricando gli organi emuntori. Si produce in questi casi un
effetto paradossale, in cui l'acqua contribuisce alla creazione di
problemi che è destinata a risolvere. Questo è il destino delle comuni
acque municipali che sgorgano nei rubinetti di casa; sebbene,
infatti, esse subiscano continui controlli dal punto di vista
batteriologico, non sono altrettanto garantiti i filtraggi di minerali
inorganici e di sostanze non biocompatibili quali nitrati, nitriti,
fosfati, idrogeno solforato, batteri residui, pesticidi, cloro,
ammoniaca e particelle in sospensione. Le acque domestiche sono in
genere cariche d'elementi tossici per l'organismo, poiché il livello
decretato di potabilità segue in genere più regole politiche che
bioecologiche: i parametri di tossicità possono, infatti, essere
modificati in relazione a contesti e circostanze geografico-sociali e
non in virtù d'oggettive qualità intrinseche del prodotto. Un
problema tuttavia si pone anche per la maggior parte delle comuni acque
da tavola in commercio. Attraverso test di biocompatibilità
kinesiologici ed elettrobiokinesiologici su centinaia di casi,
all'Istituto di Psicosomatica Integrata di Milano, abbiamo
riscontrato, su tutte le marche d'acqua reperibili in commercio nei
comuni circuiti di massa (supermercati e farmacie) un livello di
biocompatibilità praticamente inesistente. Questo non significa
affatto che le acque suddette non siano potabili. Significa che esse
non sono in grado di ottemperare al meglio, per l'organismo, a quelle
funzioni così essenziali che ho inoltre presentato nel numero precedente
della rivista sotto il comun denominatore di "idratazione". Possono
sovraccaricare l'organismo d'elementi non metabolizzabili a livello
cellulare, andando a gravare sul sistema emuntoriale, o modificare
l'equilibrio acido-basico del terreno biologico. Anche le acque
cosiddette "minerali", infatti, non sono biocompatibili per il
semplice fatto che i minerali in essa disciolti, poiché non
metabolizzati precedentemente da sostanze vegetali, non possono essere
assimilati dall'organismo umano e di conseguenza non fanno che
sovraccaricare i reni nella loro funzione di filtro. I precipitati
salini di un filtraggio sanguigno non ottimale a carico del rene
contribuiscono ai processi di calcificazione dell'organismo. Per
questa ragione non ha alcun senso assumere acqua "minerale" in ambito
atletico per rimineralizzarsi e tantomeno darla ai bambini per
aiutarli a crescere. In ogni caso, se la biocompatibilità è ridotta,
evidentemente, l'acqua non può essere assunta a dosi significative per
ottimizzare il processo d'idratazione. Bisogna infine ricordarsi che
una corretta idratazione prevede il ricambio idrico, perciò sono
favorevoli le acque ipotoniche per il loro effetto diuretico.
Più forte è l'ipotonicità e più la diuresi è favorita non solo a
livello vescicale (riduzione di fenomeni flogistici a carico delle vie
urinarie), ma anche per la relativa prevenzione della calcolosi
renale grazie a una minimizzazione dei precipitati salini (effetto
catalitico). Ricordiamo sempre, d'altra parte, come una corretta
funzionalità renale comporti un'ottimale performance d'importanti
muscoli del baricentro pelvico come il gruppo dell'Ileo-Psoas e del
cingolo scapolare, come il Trapezio cervicale. In tutto il territorio
nazionale che pure è assai ricco di fonti acquifere, le acque
biocompatibili si riducono ad una decina di tipi, per la maggior parte
non reperibili nei comuni circuiti commerciali di massa, ma solo in
ambiti selezionati di mercato: negozi d'alimenti biologici o vendita
diretta a domicilio. I parametri chimici di biocompatibilità che
accomunano questa serie minima d'acque si possono ridurre
principalmente a: RESIDUO FISSO a 180°: < 50 mg (tendenzialmente
leggera) PH: da 6 a 6,8 (tendenzialmente acida) Assenza di nitriti,
fosfati, ammoniaca (tendenzialmente pura) Ipotonica, ma più
genericamente oligominerale o "minimamente mineralizzata"
(denominazione ministeriale). È importante che l'insieme dei parametri
sia rispettato e in particolare i primi due: vi sono, infatti, sul
mercato, acque ottime dal punto di vista della leggerezza
(oligominerali o minimamente minerali) e del residuo fisso, ma troppo
alcaline. Il residuo fisso rappresenta appunto il carico di minerali
inorganici residui, derivati dai percorsi montani sotterranei
dell'acqua ed è ciò che rimane a sua volta residuale nell'organismo,
sovraccaricandone il livello di rifiuti. I minerali inorganici invece
presenti nelle cosiddette acque "minerali", caricando il sangue di
elettroliti turbano la normale funzionalità renale, impedendo una
completa depurazione del sangue. Ecco perché è fondamentale che l'acqua sia molto leggera. È possibile trovarne qualcuna al di sotto dei 50 mg, fino a 25,5.
Dell'importanza degli altri parametri abbiamo già parlato più sopra:
l'acqua deve essere oligominerale, tendenzialmente pura (un'acqua
totalmente pura come l'acqua distillata è intollerabile per
l'organismo se non a piccolissime dosi) e tendenzialmente acida.
Un'altra possibilità di ottenere una corretta idratazione sfruttando
l'acqua domestica è quella di purificarla mediante appositi sistemi ad
osmosi inversa. L'osmosi è un processo naturale secondo il quale due
soluzioni di differente concentrazione salina vengono separate.
Facendo passare l'acqua attraverso una membrana semimpermeabile, come
avviene a livello cellulare, essa passerà da una soluzione meno
concentrata a una più concentrata di elementi chimici. Se si inverte
il processo si ottiene un sistema di purificazione dell'acqua
domestica, mantenendo inalterato l'equilibrio salino, ma rimuovendo
gli agenti più tossici: nitrati, ecc. I migliori apparecchi di osmosi
inversa prevedono, oltre alla membrana osmotica, anche una
prefiltrazione articolata a carboni attivi vegetali in grado si
selezionare e rimuovere i sedimenti, il cloro ed altri possibili
inquinanti chimici fino al 95% e talora al 99%. Nitriti, ammoniaca e
fosfati risultano invece assenti. Purtroppo l'eliminazione totale di
nitrati sia per le acque biocompatibili in commercio che per quelle
filtrate per osmosi inversa, è praticamente impossibile, anche se può
raggiungere più del 90%. Per le acque purificate il pH oscilla dai 6,4
ai 7 secondo la fonte cui attinge l'acquedotto municipale e di altre
variabili poco controllabili. In ogni caso non supera la soglia dei 7,
mantenendosi in un range ottimale di equilibrio acido-basico. Il
residuo fisso dovrebbe aggirarsi fra i 25,5 e i 30 mg e la durezza
totale oscillare da 1,5° a 4°F. L'acqua ottenuta per osmosi inversa è
inoltre un'acqua assolutamente oligominerale.
Articolo: Approfondimenti in Somatologia Idratazione e disidratazione di Riccardo Scognamiglio e Laura Corona pubblicato in High Tech Volley N°8,9,10,11,12
Tratto da www.somatologia.it/archivio/idratazione_disidratazione.htm |